una vita sulla roccia

domenica 1 giugno 2008

ATTENZIONE! per 2 settimane non avrò possibilità  di aggiornare il sito con nuove vignette e commenti al vangelo. Ritornerò con la vignetta e il commento di domenica 22 giugno. Grazie di cuore a tutti!
Giovanni don

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà  nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà  del Padre mio che è nei cieli.
In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità !”.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà  simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perchè era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà  simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
(dal Vangelo di Matteo 7,21-27)

Ho una zia suora che per qualche anno ha abitato in un paese del Friuli, Chiusaforte. Si trova nell’alto Friuli ai piedi delle montagne, sulla strada che porta a Tarvisio e in Austria. Con la mia famiglia sono andato a trovarla quando si era appena trasferita nella comunità  che gestiva la scuola materna parrocchiale. Era il 1980 e solo 4 anni prima c’era stato il devastante terremoto che aveva distrutto molti paesi di quella zona e aveva provocato moltissimi lutti. I segni del terremoto erano ancora molto evidenti lungo la strada che percorrevamo per arrivare al paese della zia. La cosa che mi colpì molto fu proprio la situazione che trovai a Chiusaforte. Il paese dopo 4 anni dal terremoto era pieno di case lesionate ma solo poche erano completamente distrutte. C’erano molte persone che vivevano in baracche ma qualcuna era già  tornata nella casa sistemata o ricostruita. L’edificio più colpito era stato proprio la scuola materna delle suore, ma queste già  vivevano in un grosso prefabbricato che fungeva da alloggio e da scuola materna. La cosa più sorprendente era però Raccolana, il paese appena al di la del fiume, completamente raso al suolo. Solo la chiesa e qualche casa erano in piedi ma pericolanti e inagibili mentre tutto il resto era scomparso. Le case erano state così colpite dal sisma che agli abitanti non era rimasto altro che abbattere tutto, e ora c’era solo una larga distesa di pavimenti, mozziconi bassi di muri di casa e le strade. Lo spettacolo era davvero impressionante: un paese completamente cancellato! Rimasi davvero sorpreso nel vedere come lo stesso terremoto nella stessa zona aveva avuto effetti così diversi: Chiusaforte ancora sostanzialmente in piedi e Raccolana scomparsa. Mi spiegarono che questa cosa era dovuta proprio alla diversa conformazione dei terreni sui quali i due paesi vicini erano costruiti: lo stesso evento capitato a due paesi sostanzialmente uguali e vicini aveva avuto due esiti molto diversi.

    Sembra davvero la stessa cosa che Gesù descrive con la sua parabola della casa costruita sulla roccia e di quella sulla sabbia. Se prendiamo le parole del brano del Vangelo e le sovrapponiamo vediamo che sono sostanzialmente uguali, le variazioni sono piccole ma di sostanza. Le due case sembrano uguali esteriormente ed ad entrambe succedono le stesse cose (…cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti…), ma l’esito finale è assai diverso. E si comprende la saggezza e stoltezza dei due padroni solo quando la casa dell’uno rimane in piedi e l’altra cade. All’apparenza e in una situazione normale tutto sembra uguale ma quando accade qualcosa di speciale (che non risparmia l’uno e neppure l’altro) la differenza “invisibile” (come le fondamenta delle case o il terreno sul quale sono costruiti i due paesi) diventa visibile e ha conseguenze per il futuro.
    Esser cristiani non è questione di dire ogni tanto con enfasi “Signore, Signore…” magari davanti ad altri e a se stessi per farci vedere “religiosi”, e nemmeno è questione di appendere alle pareti di casa crocifissi e immagini sacre per far vedere che la nostra “è una casa cristiana”. Esser veri cristiani non è neppure innalzare barriere contro le diverse culture, magari impedendo di costruire moschee e difendendo i capitelli e le chiesette nelle contrade o difendendo in modo agguerrito le tradizioni di questo o di quell’altro santo o santa di paese. Esser cristiani è domandarsi ogni giorno su quali basi è costruita la mia casa, cioè le mie scelte concrete di ogni giorno come le scelte della vita. Esser cristiani è affrontare la vita e tutto quel che accade con un senso di speranza profonda anche nelle situazioni più avverse. E’ in certi momenti importanti della vita che si vede su quale base uno ha costruito pian piano la propria esistenza: sulla roccia degli insegnamenti di Gesù che parlano di amore, di perdono, di povertà , di accoglienza e di fiducia in Dio o sulla sabbia della ricerca continua dell’affermazione di sè e del proprio conto in banca e del potere. Ho conosciuto persone che hanno mostrato tutta la loro solidità  di fede solo in una certa occasione, in un evento di lutto o malattia oppure anche in un passaggio importante della vita come un matrimonio o la nascita in un figlio o una scelta di lavoro. E nell’apparenza prima sembravano come tutti gli altri senza tante esternazioni religiose… La differenza cristiana (così come la chiama Enzo Bianchi in un suo bellissimo libro) è venuta alla luce in un certo momento significativo della vita e diventa punto di riferimento per altri.
    Il terremoto non avverte quando arriva e non serve a nulla correre ai ripari mentre si sta scatenando. Così è la vita che a volte riserva eventi che non possiamo prevedere con molto anticipo. Per questo è importante controllare le fondamenta della nostra vita e chiedere a Dio di ritrovare nella sua Parola la base sulla quale costruire o ricostruire quello che siamo.


Giovanni don

5 comments

  1. Grazie Don Giovanni,
    per le tue riflessioni: semplici, fondamentali e sempre molto vere.
    Questa in particolare mi aiuta a guardarmi dentro e verificare il mio stato di cristiana, troppo spesso basato sul dire, e troppo poco sull’essere e sul fare.
    Grazie mille :-). marina

  2. Grazie don Giovanni, ma perchè per fondare la mia casa sulla roccia devo “vergognarmi” della mia Tradizione? Perchè per rispettare le persone di altre religioni non posso essere orgoglioso della Chiesa Universale della quale faccio parte? Io penso che qualsiasi dialogo si fondi sulla sicurezza e sulla chiarezza della propria identità . Perchè è “male” dire Signore Signore… perchè se metto l’immagine del Sacro Cuore in cucina non posso essere attento alle esigenze degli altri? I segni della Tradizione mi aiutano a essere Cristiano: la rimozione di tutti questi segni di appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa contribuiscono alla confusione a alla creazione di religioni “fai da te”. Non è tutto uguale: basta credere in Dio e volersi bene. Il progresso per essere tale non può contraddire la Tradizione. A diluire troppo la minestra va a finire che non sa più da niente.

  3. Io quello che non capisco è perchè dobbiamo sempre intendere la fede come un ombrello contro gli inevitabili dolori e dissapori della nostra esistenza.
    Perchè invece non vedere la fede come un ideale di vita attraverso il quale significare la nostra esistenza sia nel male, e sia e sopratutto nel bene.
    Quando non abbiamo più speranza è abbastanza automatico e comune rifugiarsi nella preghiera e nella speranza del miracolo e dell’intervento divino.
    Invece è appagante e meraviglioso ricordarsi del prossimo quando tutto ci sorride e sembra che non abbiamo bisogno di nulla e di nessuno, sopratutto se lo facciamo, non per timore o per superstizione ma perchè si ha fede in Gesù e nella sua proposta di vita donata all’ amore.

  4. Caro Don Giovanni,

    sono incppato per caso in questo splendido sito, guidato dalla mano di Colui che sta sopra di noi.
    Da ventisei ani vivo nella nostra bella Verona. Sono nato a Trapani in Sicilia in quella terra bellissima dove l’uomo fa di tutto pr cancellare il dono di Dio del mare del sole, della natura.
    Amo la mia terra e a d essa ho dedicato il mio sito http://www.processionemisteritp.it, un sito storico-religioso che ha cercato di far conoscere, soprattutto ai trapanesi, non solo la storia della quattrocentesca procesisone ma il messaggio cristiano di quelle statue raffguranti la Passio Christi.
    Ho cercato di aprire un muro nell’omertà , nel silenzio, nella mentalità mafiosa ma , come immaginavo, l’ambiente non mi sopporta e persino chi dovrebbe porgere l’altra guancia non lo fa !
    Mi vogliono “silenzioso” ma io mi ribello al loro silenzio perchè Gesù ha parlato e parla ancora a tutti noi ed allora caro Don Giovanni mi son permesso utilizzare il tuo commento ed una tua vignetta( bravissimo) dedicate al ” PORGI L’ALTRA GUANCIA “.
    Lo troverai su http://www.processionemisteritp.it e non posso che ringraziarti per avermi dato, con le tue parole, la forza di continuare e , come diceva Giovanni Paolo II ” di non aver paura ” .!
    Un caro abbraccio
    Beppino

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