la fede oltre la superficie

DOMENICA 19 gennaio 2020

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perchè era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perchè egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

(dal Vangelo di Giovanni 1,29-34)

“Conosci Gesù?” era lo slogan scelto da un gruppo di frati venuti in una parrocchia per una settimana per una missione popolare. Le missioni al popolo, che vengono organizzare nelle parrocchie, sono una occasione molto forte di risveglio della fede dentro le comunità  cristiane che spesso hanno un po’ spento la fede avendo ridotto la vita cristiana solo ad alcune pratiche tradizionali.

Quando la religione diventa più importante della fede, quando la pratica religiosa con i suoi aspetti esteriori diventa più importante delle motivazioni interiori e dell’amore per Dio, è bene ridare vitalità  alla fede e ritornare all’essenziale. Forse è quello che sta accadendo anche nella nostra comunità  cristiana e magari anche dentro la nostra stessa vita personale come cristiani. Siamo cristiani, battezzati, frequentiamo con fedeltà  i vari appuntamenti religiosi della parrocchia, abbiamo in casa i segni della nostra appartenenza religiosa con immagini che la richiamano, ma… non sentiamo più il calore della fede e quello che in fondo ci spinge nelle nostre scelte di vita, anche quotidiana, non è più il Vangelo, non è la Parola di Dio. E’ la situazione nella quale si trova il popolo di Israele al tempo dei racconti su Gesù. Il popolo vive una vita segnata da ritmi e leggi religiose, con i capi religiosi che indicano cosa fare e cosa non fare, ma la fede sembra spenta e sembra davvero che non ci sia più vero spazio per un incontro vivo con Dio.

Il Vangelo ci parla di Gesù che appare nella storia del suo popolo come l’intervento definitivo di Dio, per risvegliare la fede del suo popolo e dare compimento a tutte le promesse. In questa storia all’inizio ci sta proprio la figura fondamentale di Giovanni il Battista, protagonista del Vangelo di questa domenica.

Giovanni il Battista dà  la sua coraggiosa e decisa testimonianza che Dio è presente in mezzo agli uomini, indicando nell’uomo Gesù questa presenza. Lo fa dando a Gesù un titolo molto significativo per la cultura religiosa dl tempo. Lo chiama “Agnello di Dio”. Con questo titolo l’uomo Gesù è presentato come salvatore che toglie l’uomo da quello che lo allontana da Dio, il peccato. Giovanni non parla di peccati al plurale, perchè non si riferisce alle azioni sbagliate dell’uomo e alle sue fragilità . Il Battista dice che Gesù toglie “il peccato”, cioè quel non amore che chiude l’uomo in sè stesso non riconoscendo Dio dentro la sua vita. Giovanni ha questo compito: risvegliare un popolo un po’ addormentato in una religiosità  smorta e indica che proprio in quell’uomo che vede arrivare, che non è un re o un superuomo, ma un semplice uomo come tanti, è presente Dio che si fa vivo, che è vivente e concreto, raggiungibile.

L’espressione che mi ha colpito di questo brano e che ricorre ben due volte in poche righe è “io non lo conoscevo…” e che non può che stimolare una domanda che mi faccio personalmente: “io conosco Gesù?”

Conoscere non è solo sapere qualcosa e avere quattro dati. Molto probabilmente Giovanni conosceva Gesù in modo superficiale ma non così profondamente. Ha avuto bisogno di una rivelazione personale che lo facesse andare oltre le apparenze e la superficialità  per arrivare a conoscerlo davvero.

Se pure il Battista riconosce di non aver conosciuto bene Gesù, anche io non posso che ammettere che la mia conoscenza di Gesù, della fede e di Dio sono superficiali e che in questa superficialità  spesso mi adagio. Conosco davvero Gesù così da potermi davvero fidare delle sue parole della sua proposta di vita? Conosco bene quel Vangelo che mi riporta le sue parole e i suoi gesti? Conosco davvero gli insegnamenti della fede che nascono dal Vangelo e che la Chiesa nella storia ha portato avanti?

Come allora conoscere sempre di più Gesù?

Leggere, approfondire e vivere il Vangelo, questo è il primo modo per conoscere Gesù davvero. E Gesù lo posso conoscere in modo non superficiale se in modo non superficiale incontro chi porta il suo nome oggi, i cristiani come me. Vivere la Chiesa come comunità  di battezzati mi porta a conoscere davvero Gesù, che nella Chiesa mette la sua faccia, la sua parola e le sue mani.  Non parlo della Chiesa-Vaticano, come spesso in modo superficiale intendiamo la Chiesa, ma la Chiesa di persone che mi vivono accanto, la Chiesa nella quale già  sono, la mia parrocchia o la parrocchia dove decido di vivere la mia fede.

“Conosci Gesù?” è quindi una provocazione che devo e dobbiamo tutti mantenere viva. Non spegniamo questa domanda e in modo altrettanto deciso non spegniamo la nostra curiosità  di cercare, conoscere approfondire la presenza di Gesù dentro la nostra vita e dentro la nostra comunità  cristiana.

Se non siamo tanto distratti e superficiali troveremo di tanto in tanto qualche “Giovanni Battista” che ci indica la presenza di Gesù dentro la nostra vita offrendoci la possibilità  di accoglierlo per davvero. E anche noi saremo a nostra volta spesso chiamati a diventare dei “Giovanni Battista” che con umiltà  ma anche con decisione porteremo altri ad incontrare Gesù nella loro vita.

Giovanni don

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