in banca o sottoterra

domenica 16 novembre 2008

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà  come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità  di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perchè a chiunque ha, verrà  dato e sarà  nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà  tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là  sarà  pianto e stridore di denti”».
(dal Vangelo di Matteo 25,14-30)

Questo racconto di Gesù sembra proprio la “benedizione” del mito molto americano: “lavora sodo, sfrutta bene quello che hai, non aver paura di nessuno e guadagna più degli altri e così la tua vita sarà  felice”.
Non dico che ci sia qualcosa di totalmente negativo in questa impostazione della vita, ma credo che Gesù nel raccontare la parabola avesse altro in mente.
Come sempre è nei dettagli che si nasconde la ricchezza delle parole di Gesù, e nei particolari del racconto possiamo trovare un messaggio di speranza per la nostra vita.
Gesù ci parla di un padrone che ha una fiducia così grande nei suoi servi da affidare loro tutti i suoi beni. E’ un atto di fiducia che non deve passare inosservato se poi proviamo ad attualizzare in noi questo racconto. Il padrone di cui parla Gesù è ovviamente lui stesso che affida ai suoi amici discepoli tutto ciò che lo riguarda. Il viaggio che il padrone sta per fare è il distacco che avverrà  tra il Maestro e i discepoli con la morte e resurrezione. Con la partenza del Signore dallo scenario della storia i discepoli rimangono ad amministrare non dei beni materiali, ma Gesù stesso che rimane nella parola, nella comunità  e nei sacramenti, nella sua presenza nei poveri e piccoli. I talenti di cui si parla nella parabola non sono principalmente delle doti che ognuno scopre e poi con impegno sviluppa. Se fosse solo questo allora per imparare a vivere questo passo della Scrittura basterebbe guardarsi un po’ di puntate di “Amici” di Maria De Filippi.
I talenti che Gesù lascia ai suoi servi nel mondo, sia di allora che di oggi, sono proprio la sua persona, la sua parola, la sua vita… Abbiamo Gesù nelle mani quando apriamo il Vangelo. Abbiamo Gesù vicino quando ci accorgiamo delle povertà  di tanti nostri fratelli e sorelle. Abbiamo Gesù nella Chiesa e nei Sacramenti.
Che facciamo di tutti questi beni che Lui ci ha affidato, fidandosi di noi?
La parabola ci fa vedere che è possibile non sprecare quello che abbiamo. Abbiamo la possibilità  di non perdere, anzi di aumentare quello che di prezioso ci è stato dato. Ma esiste la possibilità  di bloccare tutto e alla fine di perdere. La storia del terzo servo che Gesù chiama “malvagio e pigro” ci è messa davanti non come condanna, ma come amichevole avvertimento. L’amico Gesù infatti non ci vuole spaventare ma nemmeno ci nasconde i pericoli di tante nostre chiusure ed egoismi… altrimenti che amicizia è?
Dove sta la differenza tra i primi due servi e il terzo?
I primi due servi sono consapevoli che quello che hanno non è loro ma sanno anche che posseggono la forza interiore necessaria e le capacità  di far fruttare i beni ricevuti. Il terzo servo invece è bloccato dalla paura. Anzi è accecato dalla paura che non gli fa vedere che pure lui ce la potrebbe fare e non gli è impossibile portare frutto.

    Credo davvero che la mia vita, anche se può esser segnata da difficoltà  e sbagli umani, ha la possibilità  di far fruttare quella parte di Gesù che dentro di me e attorno a me. Le persone che ho vicino, specialmente quando sono povere e segnate da tante piccolezze, sono un bene prezioso che ho la possibilità  di non perdere e di far crescere. Basta solo che non sia bloccato dalla paura di non farcela, dalla paura che se mi dono agli altri perdo qualcosa e sono infelice. E’ vero il contrario, secondo la parabola. Infatti più guadagno fratelli, più spendo tempo nei valori dell’amore testimoniato da gesù, più cerco di vivere lo stile di Gesù in me, maggiore è la felicità  che accumulo nella vita. Al contrario, se la preoccupazione che guida la mia vita e le mie scelte è la conservazione di quel che ho, del mio tempo, e se penso che tutto quello che non è “per me” è una perdita, allora sì che sotterro la mia felicità . E come il servo del racconto di Gesù mi ritrovo senza niente in mano e nulla nel cuore e senza un vero futuro.


Giovanni don

9 comments

  1. In quel “Ho avuto paura” del terzo servo ho rivisto l’antico “Ho avuto paura” di Adamo. Entrambi nascondono: il servo della parabola quello che ha, il primo uomo quello che è… Davvero la paura, come serpe, intristisce e rovina la storia degli uomini e la storia di ogni uomo! Che fare? Non si tratta di essere avventati o precipitosi, ma nemmeno lasciarci rovinare dai nostri timori. E siccome – come diceva don Abbondio – “il coraggio, uno non se lo può dare!”, chiediamo al Signore il coraggio dello Spirito, quel coraggio che ci fa “mettere le ali” – come canta Niccolò Fabi – per volare alto ed osare… Lo chiediamo per noi, per la Chiesa, per ogni uomo e donna che Dio ama.

  2. Non c’è scusante per il servo infingardo, lui stesso si è condannato nel dichiarare che gli sarebbe stato chiesto conto di ciò che ha.
    Infatti la scusa di avere paura è una palese bugia. Se avesse avuto almeno paura si sarebbe dato da fare con un “uomo duro” come dice lui. Ma il fatto è che lui non lo riconosce come Padrone ma come “uomo duro”. Quindi il servo non è pauroso ma fannullone e pigro!
    Giusto, che il Padrone non ci creda e smascheri la malvagità come avrebbe fatto il nostro Ministro Brunetta.
    Il preconcetto che il padrone è cattivo è di stampo comunista.

  3. Chiedo ad Armando che lasci da parte le sue professioni di fede politica, per favore, non mi sembra che questo sia il sito adatto.
    Stiamo parlando di Dio Padre e Dio non è nè di destra,nè di sinistra.
    Grazie

  4. Ok avete ragione su Armando, ma per vostra conoscenza quello che dice è vero. Il concetto di padrone con accezione negativa del termine (come oggi per lo più inteso) nasce proprio dal comunismo: e non è colpa di Armando: perciò fareste bene a scandalizzarvi per cose più importanti e meritevoli della vostra indignazione

  5. Io non mi scandalizzo di niente nè mi indigno, ne ho visti, e ne vedo, di fascisti e comunisti. E non mi piace la parola fannulloni, mi sembra oltremodo offensiva anche per chi è davvero assenteista. Fare capire a una persona che non merita i soldi che prende per il suo lavoro (e sanzionarla) è diverso che offenderla, soprattutto se poi l’offesa è generalizzata a un gruppo, a una categoria, come mi sembra stia succedendo. Punto.
    Poi non mi piace l’idea di Dio Padre-padrone. Proviamo a dare questa interpretazione sulla metafora che sottende la parabola: Il Padre dà a qualcuno una cifra piccola, modesta mettiamo, ma si aspetta qualcosa. Non in termini di altro denaro, evidentemente. Ma in termini di conoscenza di Lui, di approfondimento della sua Parola. Ognuno di noi può tirare le sue conseguenze. Sotterriamo? Mioltiplichiamo? Ciò che non accolgo io verrà accolto da qualcun altro che lo aggiungerà al suo tesoro. Giusto.
    Ciao a Lorenzo e Armando, che se scrivono qui vuol dire che a queste cose vogliono pensare, come me. Con la disponibilità anche a riflettere e rivedere certe prese di posizione. Così ci aiutiamo a vicenda. Un abbraccio L.

  6. Tutti avremmo qualcosa da dire in merito, ma questo tema non tocca solo l’aspetto politico o economico, va ben oltre!! Fa male perchè tocca la coscienza, sconcerta perchè mette in dubbio la capacità di ognuno di noi di mettersi davvero in gioco, di rispondere in primis dei propri sbagli o delle proprie mancanze, quando restiamo in silenzio davanti a situazioni che riconosciamo sbagliate, quando per nostro comodo, tolleriamo o facciamo finta di non vedere. Paura? Si, paura! Paura di perdere anche solo un pizzico di quel potere ambito e così faticosamente raggiunto…. Il messaggio vero di Gesù invece credo sia semplicemente questo: “Spendete i vostri Talenti! E ricordate che tutto quello che farete per voi morirà con voi, tutto quello che farete per gli altri resterà in eterno… Noemi

  7. con tre anni di ritardo rispondo a Luizia.
    Quello che il Padrone affida non sono spiccioli ma tutti i suoi beni.
    In questo particolare momento di crisi dove tutti soffriamo, nessuno si può permettere di fare l’assenteista senza essere duramente sanzionato.
    Più che la paura del terzo servo và sottolineata la sua pigrizia il suo individualismo e quindi questo infinito egoismo che la civiltà del computer ha esasperato.
    Al massimo gli amici li abbiamo in comune nel grande calderone di FACEBOOK o simili.
    Senza più guardarci, toccarci, metterci in relazione diretta, escludendo così ogni possibilità di vivere il nostro prossimo che è il soggetto nascosto di questa parabola.

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