nel fiume del perdono


DOMENICA 11 settembre 2011

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poichè costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perchè tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà  del tuo compagno, così come io ho avuto pietà  di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finchè non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà  con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
(dal Vangelo di Matteo 18,21-35)

E’ davvero significativo che il vangelo del perdono cada in una data così piena di ricordi tragici come è l’11 settembre.
Tutti sanno cosa è successo 10 anni fa negli Stati Uniti, quando un attacco terroristico di portata mai vista seminò morte e terrore. Ed è stata una semina che ha fatto crescere abbondantemente la pianta dell’odio, e ha fatto crescere la già  vasta piantagione della guerra. In quella data vediamo riassunti anche tanti altri atti di violenza terroristica di cui magari non ricordiamo bene il quando e il dove, ma che hanno segnato la coscienza collettiva del mondo e lo stesso modo di rapportarci tra popoli e culture.
Vorrei prendere questa coincidenza tra il decennale degli attacchi terroristici di New York e Washington e il Vangelo come una sfida ulteriore a credere che davvero le parole di Gesù rimangono l’unica vera strada da percorrere per l’umanità .
Difficile parlare di perdono e soprattutto metterlo in pratica quando il torto subito è così grande e devastante. A Pietro che chiede a Gesù se c’è una misura del perdono, il Maestro toglie la misura e pone il limite massimo della capacità  di perdonare sul segno di “infinito”. E’ questo che vuole dire con l’espressione “settanta volte sette”. Già  “sette” era il numero della pienezza, ma aumentandolo a “sette per dieci per sette”, Gesù dice a Pietro che davvero non c’è limite alla possibilità  di perdonare.
Il perdono però a questo punto sfugge al semplice sforzo dell’uomo, che difronte all’immensità  di certi torti non riesce a pensare il perdono, anzi gli sembra quasi una cosa blasfema e il sommo dell’ingiustizia!
Ma Gesù non si sta appellando alla buona volontà  di Pietro, anche se è tanta. Gesù mette in campo se stesso e il rapporto con Dio. Gesù dice a Pietro e alla comunità  che il perdono è dono di Dio, parte da Dio e vuole inondare la terra fino ad arrivare ad ogni singolo rapporto umano.
La parabola di Gesù infatti parla proprio di questo. Il servo che non è capace di perdonare il piccolo debito che ha con il suo simile è malvagio non perchè ha un debito con il padrone, un debito davvero infinitamente più grande di quello che ha con l’altro servo come lui. Infatti, parlando di un debito di diecimila talenti, Gesù volutamente esagera, ben sapendo che una cifra così era impensabile da rimediare (al calcolo attuale sono circa 20 anni di stipendio di un lavoratore medio di oggi!). La malvagità  del servo sta nell’aver interrotto il flusso di perdono che è partito dal padrone e si è riversato su di lui, ma che da lui non è rimbalzata sull’altro servo. Il servo malvagio ha “bloccato” il perdono, dimenticando subito che lui stesso era stato oggetto di condono. Bloccare il flusso del perdono che viene da Dio è condannare il mondo alla logica della vendetta e della ritorsione. Il servo è malvagio perchè non si ricorda quello che ha ricevuto e ha subito dimenticato la bontà  del padrone e la sua uguaglianza con l’altro servo.

    Perdonare secondo questa pagina del vangelo non è dunque esperienza eroica di perdono personale, ma è riconoscere che davvero la strada della vendetta e della riscossione del debito a tutti i costi non è la strada più felice. Perdonare è riconoscere che siamo stati perdonati da Dio continuamente, e che a nostra volta possiamo partecipare di questa azione divina. Ciò che ci dà  la forza di perdonare è proprio il dono a nostra volta ricevuto. E se facciamo questo aiutiamo anche il nostro prossimo a diventare più buono e capace lui stesso di perdono, magari con noi stessi o con altri. Il perdono che diamo non è mai un atto singolo chiuso in se stesso, ma genera perdono e migliora davvero il mondo. Perdonare non è dunque dimenticare, ma il contrario. E’ ricordare quello che abbiamo dato e anche ricevuto. Il cristiano in questo ha davvero un compito fondamentale: crede nel perdono perchè lo ha sperimentato. Il cristiano sa che il perdono lo ha “liberato” dal peso di restituire qualcosa, ma sa anche che questa liberazione ricevuta non funziona se non libera a sua volta altri.
    Dopo 10 anni dai fatti terribili dell’11 settembre americano, durante i quali altri fatti altrettanto terribili hanno scosso il mondo, i cristiani si impegnano a predicare non il Dio vendicativo ma il Dio che Gesù ha raccontato con la sua stessa vita: Dio è il padrone buono che crede nella capacità  di perdonare dei suoi servi-figli, che siamo noi; Dio è il padrone che non riconosce come suoi servi-figli coloro che dimenticano e si vendicano.


Giovanni don

9 comments

  1. Non è un caso che questa proclamazione del regno eucaristico di Gesù Cristo coincida con la data del decennale dell’11 settembre 2001. Nell’Angelus ad Ancona Benedetto XVI ha affermato che «il nostro pensiero va anche all’11 settembre di dieci anni fa» e ha ricordato il nucleo essenziale della sua lettera pubblicata il 10 settembre e indirizzata all’arcivescovo di New York mons. Timothy M. Dolan, dove afferma che «la tragedia di quel giorno è resa ancor più grave dalla rivendicazione dei suoi autori di agire in nome di Dio. Ancora una volta, bisogna affermare senza equivoci che nessuna circostanza può mai giustificare atti di terrorismo». L’11 settembre mostra, in un certo senso, il contrario del regno sociale di Gesù Cristo che il Papa propone d’instaurare attraverso il suo regno eucaristico. Quando si rifiuta il regno della verità e della giustizia, che è quello del Signore e della sua eucarestia, rimane solo il regno della violenza.

    Si tratta dunque, ha detto ancora il Papa nell’omelia, di «vivere in tutte le circostanze il primato di Dio, all’interno del rapporto con Cristo e come offerta al Padre». Il Papa ha ricordato nella cattedrale di san Ciriaco ad Ancona questo primato anzitutto ai sacerdoti come primato dell’eucarestia nella vita e nella giornata di ogni prete, un tema che era stato centrale nell’Anno Sacerdotale. Ma, se il regno eucaristico di Gesù Cristo è un regno sociale, non può non avere come base su cui poggia la cellula fondamentale della società , cioè la famiglia.

  2. Il discorso del papa è incontestabile.
    Un regno eucaristico è anche il regno del perdono…e i cristiani devono fare attenzione a non fare del cristianesimo un “teatrino della religione”, nel quale tutti difendono gli insegnamenti di Gesù, tutti vanno a messa la domenica e partecipano ai sacramenti rituali…..ma poi nella vita quotidiana tutto viene dimenticato, ci si perdonano l’un l’altro all’infinito atteggiamenti per nulla cristiani, restando nell’incapacità di vivere l’eucarestia. Fino alla domenica successiva, quando si torna a fare la comunione.

    Sarebbe forse + edificante insistere sull’eucaristia come culmine di un’esperienza, insistere sul fatto che la Domenica non è soltanto il primo giorno della settimana, ma in primis è l’ottavo, il numero dell’uomo nuovo, risuscitato, il numero delle beatitudini, il culmine di una settimana dove il credente può celebrare in comunità le esperienze eucaristiche vissute nella realtà simbolica del sacramento.

  3. grazie don, sei un mito!

    Secondo una leggenda ebraica, il mondo si regge sulle spalle di 36 giusti la cui identità nessuno conosce. Solo grazie a loro, generazione dopo generazione, Dio risparmia al mondo la punizione per gli innumerevoli peccati commessi dagli uomini: la distruzione.
    Non so nè dove nè quando ho sentito questa storia per la prima volta, ma mi è subito sembrato di conoscerla da sempre. Attorno a quell’immagine così ricca e affascinante sono confluiti spontaneamente pensieri prima dispersi qua e là nella mia testa.

    La storia prende spunto dal passo dell’Antico Testamento in cui Dio scende a patti con Abramo promettendogli che non distruggerà Sodoma e Gomorra a condizione vi si trovino dieci giusti (era la prima lettura l’altra domenica, Genesi 18,20-32). L’episodio è interessante perchè è uno dei pochissimi in cui la giustizia divina viene messa in discussione. Tra Abramo e Dio avviene una trattativa sul numero minimo dei giusti. Abramo ottiene una fortissima riduzione, ma sappiamo che fine abbiano poi fatto le due città . Come nel diluvio universale, il creatore ha esercitato una sua prerogativa: la possibilità di annichilire il creato.
    Al contrario, nella leggenda si parte dal dato di fatto che il mondo continua ad esistere e si dà la spiegazione del perchè. È come se si rispondesse alla domanda: perchè Dio, malgrado tutto il male commesso dagli uomini, non ha ancora distrutto il mondo? In questo quadro, la giustizia assume un’importanza cruciale. Su di essa si gioca la sopravvivenza stessa dell’uomo.

    che ne pensate????

  4. Laura,
    Quando la Bibbia venne tradotta in latino, due parole greche, dalla radice completamente differente (“dicaiusine” e “crino”) che sono giustizia e giudico, vennero tradotte, nella lingua latina, con la stessa radice “jus”, il diritto, la giustizia. Di conseguenza, parlando della giustizia di Dio, sorgeva l’idea di un Dio giudice, secondo la nostra mentalità giuridica. Ma il termine “dicaiusine” che viene tradotto con giustizia, non significa la giustizia del tribunale, ma la giustizia è la fedeltà d’amore di Dio al suo popolo.
    Quando si legge, nell’Antico Testamento, che Dio è giusto, non significa che è un Dio che giudica, ma significa che Dio è fedele. Tanto è vero che la parola greca “dicaiusine” traduce l’ebraico “kesen” che significa misericordia. Quindi, il termine giustizia – il greco “dicaiusine”, significa: la misericordia di Dio che è fedele al suo popolo qualunque cosa il popolo commetta. Dio ha fatto un patto di fedeltà con il suo popolo, il popolo è infedele, il popolo lo tradisce, ma Dio è giusto.
    Quindi, quando si parla di giustizia di Dio, non confondiamolo con il giudizio da parte di Dio. La giustizia di Dio, significa la sua fedeltà agli uomini qualunque cosa essi possano compiere. (estrapolato da una conferenza del biblista Alberto Maggi).

    Tieni presente inoltre che la rivelazione di Dio nell’Antico Testamento è progressiva: gli uomini cioè un po’ alla volta hanno capito sempre qualcosa in più del loro Dio. In particolare, per giustificare quello che succedeva nel mondo, credevano che Dio agisse direttamente nella storia salvando o distruggendo. Con Gesù, il Padre opera dal basso, promuovendo e facendo crescere pian piano la Vita che è nel mondo! Se il Padre ci ama così come siamo, come il sole che splende sui buoni e sui cattivi allo stesso modo, perchè dovrebbe distruggerci? Altra cosa è se ci distruggiamo con le nostre stesse mani, ma non imputiamo l’uso delle bombe atomiche a Dio!!

    Ti consiglio di leggere almeno l’introduzione a questa conferenza:
    http://www.studibiblici.it/conferenze/IL_DIO_IMPOTENTE.pdf
    Vi è spiegato come, a partire dal politeismo, gli Ebrei siano arrivati con fatica al Dio unico. Poi se leggi anche il resto, vedrai la novità sconvolgente del Padre annunciata da Gesù!

  5. Cara Laura,
    questa leggenda ebraica proprio non la conoscevo.
    Quindi che dire … parliamo del temine “giustizia”?

    Il concetto biblico di giustizia è determinato a partire dal rapporto con Dio. Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento si ritiene, senza contestazioni, che vi siano uomini giusti i quali compiono la volontà divina nel timore di Dio e nell’amore verso il prossimo.

    In ebraico “giustizia” viene espresso con i termini sedheq, sedhaqa ed anche mispat.
    Il termine “giustizia” li rende tutti, ma in modo parziale e non del tutto appropriato, perchè l’italiano non dispone delle sfumature di linguaggio dell’ebraico. Il significato spazia tra “normatività “, fedeltà della comunità , conformità all’ordine, rettitudine, e anche capacità di vittoria. L’intera gamma semantica lascia emergere che il fondamento del termine rimanda ad un concetto di relazione: la giustizia si attua tra Dio e il popolo eletto o il singolo uomo, e tra gli uomini nelle loro dinamiche relazionali.
    Il concetto di giustizia è fondamentale nell’Antico Testamento.

    In armonia con il linguaggio veterotestamentario, anche nel Nuovo Testamento il termine indica la rettitudine etico-religiosa dell’uomo, nel senso di disponibilità a fare propria la volontà di Dio.
    In Mt 21,32 e 2Pt 2,21 la via della giustizia è la via vissuta secondo i precetti di Dio, e giusto è perciò colui che ne osserva i comandamenti.
    L’aggettivo “giusto” viene usato in riferimento a Gesù, ma non solo (Mt 13,17; 23,25.29; Lc 1,6; 2,25; 2Pt 2,7). Il significato pieno di questo termine diventa chiaro quando è unito ad altri aggettivi di ordine etico-religioso, come ad esempio “santo” (At 3,14), “timorato di Dio” (Lc 2,25;At 10,22), “nobile” (Lc 23,50).
    La stessa cosa vale per il sostantivo giustizia. La formula servire Dio in santità e giustizia (Lc 1,75) indica l’obbedienza piena e totale alla sua volontà .
    Poichè vi è giustizia quando l’uomo agisce in accordo al volere di Dio, si può parlare di “praticare la giustizia” (Mt 6,11; At 10,35; 22,11) e di “adempiere ogni giustizia” (Mt 3,5).
    A questo significato rimanda anche la beatitudine della fame e sete della giustizia (Mt 5,6).
    L’uso del termine giustizia nel Nuovo Testamento fa emergere due caratteristiche:

    1)
    La giustizia che Cristo esige deve superare quella degli scribi e dei farisei (Mt 5,20).
    In opposizione al legalismo della concezione farisaica della Legge, Cristo pone l’accento sull’intenzione quale momento essenziale di ogni azione morale (Mt 6,1); la giustizia richiesta da Gesù supera le esigenze del giudaismo e porta a perfezione le formulazioni che troviamo nell’Antico Testamento (Mt 5,21-48).

    2)
    La giustizia è essenzialmente dono di Dio, e nello specifico, è un atto di Dio, al pari del suo Regno, insieme al quale viene nominata (Mt 6,33).
    Come contenuto e come bene salvifico del Regno, la giustizia si trova anche nelle Beatitudini, dove viene espresso chiaramente il suo carattere di grazia.

    ….

    Mi fermo qua, …. anche perchè non so se è di interesse l’argomento, o se si va un po’ fuori tema.
    Laura, come sei venuta a conoscenza di questa leggenda?

    Ciao
    Francesco

  6. — Daniele: mi sei stato di grandissimo aiuto, ho scoperto cose che non sapevo. grazie mille

    — Dario: lo so che è una leggenda ma mi sembrava interessante, diversa da molte altre. e poi secondo me si basa su un fondo di verità : se non esistessero uomini che si occupano dei poveri, senzatteto o ammalati, se non ci fosse qualcuno che dona un sorriso di amore a queste persone il mondo andrebbe sicuramente in rovina, ma non perchè Dio ci punirebbe, semplicemente per il fatto che ci distruggeremo da soli con guerre, lotte e bombe atomiche.

    –Francesco: me l’ha raccontata una mia amica molto credente,ma che ama le religioni e sa tutto su di esse. Grazie mille per la spiegazione 🙂

Leave a Reply