un po’ a Cesare ma molto di più a Dio!

domenica 19 ottobre 2008

quotati-in-borsa-colored.jpg

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità . Tu non hai soggezione di alcuno, perchè non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perchè volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
(dal Vangelo di Matteo 22,15-21)

Gesù è messo alla prova con una questione economica: è lecito pagare le tasse alla potenza straniera che occupa il territorio dei Giudei.
Quello che mi colpisce di questo passo del Vangelo è che Gesù è messo alla prova su una questione di soldi e di potere, come se il problema del Regno di Dio si risolvesse con le tasse e con il potere politico.

In questi giorni gli occhi di tutto il mondo sono fissi sulle Borse di New York, di Tokio e delle capitali economiche dell’Europa. Sembra che dipenda proprio da li la salvezza o la fine del mondo. Sembra che nel Down Jones, nel Nasdaq, nel Mibtel e nel Nikkei si trovino i parametri per capire se abbiamo o no futuro, a livello mondiale, nazionale e personale.

Gesù in risposta alla provocazione sul pagamento delle tasse tira fuori la sua famosa sentenza “rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, che può aiutarci a ritrovare il giusto equilibrio nelle nostre preoccupazioni.
Oggi potremmo dire che siamo fin troppo concentrati su quello che riguarda Cesare mentre quello che riguarda Dio sembra preoccuparci molto molto meno.
Mi accorgo come anch’io tiro un sospiro di sollievo quando sento che sale l’indice delle borse perchè capisco che l’economia mondiale forse migliora, oppure mi viene ansia quando fanno vedere gli indici in rosso e parlano di un crollo peggiore di quello del 1929. Son più sollevato quando mi dicono che in questi giorni è calato il prezzo del petrolio e mi sento meno povero se leggo sui giornali che l’inflazione scende. Al contrario mi cresce l’ansia quando l’inflazione aumenta e nei nostri discorsi, in casa o tra amici, ci si lamenta continuamente che tutto aumenta e che siamo più poveri.

Tutto questo è “di Cesare” e credo che sia giusto preoccuparcene.
Ma non possiamo dimenticare quello che è “di Dio”!
Sui nostri giornali e telegiornali si parla dell’aumento del petrolio, ma non si parla quasi mai dell’aumento della povertà  di tanti popoli della terra.
La nostra attenzione è concentrata sugli indici delle borse mondiali, ma non poniamo la giusta attenzione agli indici di ingiustizie sociali che sconvolgono molti anche attorno a noi. Pensiamo che le centinaia di miliardi di dollari dati alle banche salvino il mondo e non ci accorgiamo che nemmeno un millesimo è dato per la salvezza di intere nazioni povere e sole.

    Non voglio però fermarmi ad un facile grido di accusa.
    Vorrei invece raccogliere la provocazione che Gesù, buon maestro, mi mette davanti.
    Gesù mi invita a preoccuparmi anche di quello che è “di Dio”, cioè il fratello e la sorella che ho accanto.
    Sulla moneta romana c’era l’effige di Cesare, ma sul mio volto e sul volto del mio prossimo ritrovo l’effige di Dio.
    Gesù mette me e tutti noi alla prova e ci invita a distribuire le nostre preoccupazioni nel modo giusto.
    Forse la crisi di Cesare mi farà  accorgere finalmente che ho molto di più da parte di Dio.
    Posso avere meno soldi in mano ma se ci penso bene ho una grandissima ricchezza in fratelli e sorelle che nessuna crisi economica potrà  portarmi via.
    Diamo solo un pezzetto di cuore a Cesare, ma la gran parte riserviamola a Dio, e a tutti coloro che Dio ci pone accanto.

Giovanni don

3 comments

  1. ho un amica inferma da 17 anni. Ne ha una trentina adesso. E’ consapevole di ciò che ha ed è gravemente malata. Le ho mandato un sms per inviarla ad uscire. Era giù di morale e mi ha scritto che a parte me non le manda mai messaggi nessuno e che fa una vita di merda…
    BOH…
    mi sento un po’ più sola stasera
    mi chiedo se la qualità della mia amicizia è buona. Se sono più interessata a ciò che è economicamente prezioso o ai volti delle persone che mi circondano o ai volti degli stranieri…
    non so più cosa mi stia a cuore veramente
    non so se c’è qualcosa che mi sta veramente a cuore
    e io sto a cuore a qualcuno
    mi pare che sentirsi amati sia un buon conforto ma riuscire ad amare nonostante ci si senta un po’ aridi dentro pure….vaneggio
    buon fine settimana

Leave a Reply