Dio che buca le montagne

È questo quello che profetizza Isaia quando parla dell’opera di Dio che per primo vuole “accorciare” le distanze tra Lui e l’umanità e “facilitare” il percorso tra il Suo cuore e il cuore dell’umanità. È Dio stesso che per primo prepara la sua strada perché l’uomo non lo avverta troppo distante e non si perda nei drammi della storia e nei suoi drammi personali. (Commento al Vangelo di Domenica 5 dicembre 2021)

Dio che buca le montagne
DOMENICA 5 dicembre
II di Avvento

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
(dal Vangelo di Luca 3,1-6)

Quando leggo questa profezia di Isaia che l’evangelista Luca riporta per descrivere l’apparire in scena di Giovanni Battista, mi sorprendono sempre le immagini molto potenti di strade raddrizzate, monti spianati e valli riempite. Mi fanno venire in mente la sensazione di meraviglia che provai quando per la prima volta da piccolo ho attraversato il traforo del Monte Bianco in Valle d’Aosta per andare in Francia. Quella galleria, inaugurata nel 1965 dopo una decina di anni di lavoro davvero ciclopico, “buca” il massiccio del Monte Bianco e collega la località italiana di Courmayeur a quella francese di Chamonix, con una strada a doppia corsia di 11,6 km. Mi ricordo che passandoci dentro avevo un senso di timore ma soprattutto stupore pensando quanto con quell’opera si fosse accorciato e facilitato il collegamento tra le due nazioni.
È questo quello che profetizza Isaia quando parla dell’opera di Dio che per primo vuole “accorciare” le distanze tra Lui e l’umanità e “facilitare” il percorso tra il Suo cuore e il cuore dell’umanità. È Dio stesso che per primo prepara la sua strada perché l’uomo non lo avverta troppo distante e non si perda nei drammi della storia e nei suoi drammi personali.
L’evangelista Luca apre il racconto della vita adulta di Gesù con la presentazione di Giovanni il Battista, che in fondo diventa modello di discepolo. La cornice storica che l’evangelista mette all’inizio di tutto ci vuol dire che la storia di Gesù non è fuori dal tempo, ma dentro un tempo ben preciso, dentro la storia. Ma l’altro messaggio che mi sembra davvero di poter cogliere è che tutta questa grandezza dei personaggi storici di allora, dall’imperatore di Roma fino alle somme autorità civili e religiose del tempo, appare più come una montagna invalicabile o ad una valle incolmabile che non facilita ma allunga il percorso di Dio verso l’umanità. Per questa ragione Dio sceglie un uomo nel deserto in una località periferica dell’impero romano per arrivare e comunicare il proprio amore. “La parola di Dio venne su Giovanni… nel deserto”.
Ecco la prima grande opera stradale che Dio compie: arrivare nella piccola storia di un piccolo uomo, e li manifestarsi. Questo diventerà ancora più chiaro nell’uomo di Nazareth, di cui l’evangelista ha raccontato nei capitoli precedenti l’annuncio e la nascita, nella più estrema piccolezza della storia.
Dio “buca” la montagna delle barriere umane e storiche e arriva nel cuore dell’umanità non in modo “magico” ma in modo davvero umano, con la nostra stessa umanità.
Giovanni Battista farà la sua parte per favorire questa opera di “arrivo” di Dio nella storia umana, così come anche noi siamo chiamati a fare la nostra parte.
Dio viene dentro l’umanità, e Cristo ha aperto la strada, una strada che sembrava impossibile e ancora oggi per molti è impensabile, quando sentono Dio lontano e la fede non tocca la vita. Sta a noi cristiani allora collaborare all’opera di Dio nel raddrizzare la parte di strada in quel piccolo tratto che ci compete. Possiamo collaborare a spianare le montagne e riempire le valli quando andiamo incontro ai fratelli senza pregiudizi, quando colmiamo i vuoti di amore e anche di povertà. Possiamo raddrizzare i sentieri quando siamo meno contorti e ci guardiamo in faccia con amore.
Ad oggi il Traforo del Monte Bianco non è certamente il più lungo del mondo, e di opere straordinarie per la viabilità l’uomo in giro per il mondo ne ha fatte parecchie per collegare isole, superare valli profonde e attraversare catene montuose. Ma l’umanità ha ancora molto da fare per accorciare le distanze tra gli uomini, tra paesi ricchi e paesi poveri, per spianare le montagne di ingiustizie e le valli di guerra che dividono i popoli. Anche queste opere sono possibili, anche se sembrano ciclopiche e fuori dalla nostra portata. La strada dell’Avvento è l’occasione per credere in queste opere che Lui compie insieme con noi dentro la nostra storia.