come in cielo così in terra

Chi è Dio? Un Padre. Chi siamo noi? Suoi figli e fratelli tra noi. Questo è il messaggio centrale del Vangelo che spesso dimentichiamo iniziando a dividerci in categorie, in appartenenze culturali e religiose. Una cosa sola è chiesta a tutti: collaborare con Dio per un mondo che assomigli il più possibile al cielo.

(DOMENICA 1 ottobre 2023 – XXVI anno A)

 

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

(dal Vangelo di Matteo 21,28-32)

 

Come ce lo immaginiamo il Paradiso? Come pensiamo sia il luogo dal quale veniamo e al quale siamo destinati, dove abita da sempre Dio e coloro che sono gli sono legati, e dove sono le persone che hanno concluso il loro cammino qui sulla terra, tra le quali anche tanti nostri cari?

Parlare di cielo e di Paradiso sembra una cosa abbastanza inutile con tutti i problemi che abbiamo ora qui in vita, ma invece non lo è, anche perché è proprio il Vangelo che ci invita a guardare in alto, verso Dio, e a pensare la nostra vita in modo più ampio del momento presente, con tutte le sue durezze, limiti e tante chiusure.

C’è una canzone di Luciano Ligabue del 2002, che mi ha fatto pensare, e che è entrata addirittura nella tesi di laurea in Teologia di un caro amico, Lorenzo Galliani. La canzone si intitola “Chissà se in cielo passano gli Who”.

Ligabue dopo che nelle strofe fa una carrellata veloce di situazioni esistenziali di persone che vivono in modo spesso difficile la loro vita, guarda al cielo, a coloro che sono lassù e in modo ironico si domanda: “forse lassù sono capaci di non dormire mai più. Chissà se in cielo passano gli Who…”. Immagina dunque un cielo non distaccato e alieno dalla nostra vita terrena, un cielo festoso e simile a quello che noi vorremmo veramente nella vita qui sulla terra, con la musica che amano tutti, quella dell’amore, della pace, delle relazioni sane e vere…

Gesù nel Vangelo vuole insegnarci a immaginare il Paradiso come la vita migliore che possiamo avere sulla terra, dove si costruisce concretamente un mondo di fratellanza nell’amore, dove è possibile stare insieme senza guerre ma nella pace, nella giustizia e nell’accoglienza. Gesù insegna il Paradiso usando l’immagine molto terrestre di un padre che ha due figli. Già in questa immagine Gesù ricorda chi è Dio e chi siamo noi: Dio è Padre e noi tutti siamo figli e figlie, fratelli e sorelle, e questo è vero “come in cielo così in terra”. La differenza tra i due figli non sta nell’essere uno più figlio dell’altro, uno più amato e uno meno, ma nel fatto di fare o non fare la volontà del padre, di collaborare o di non collaborare con lui nel coltivare la vigna, che è la vita umana sulla terra.

Ma entrambi rimangono figli suoi e fratelli tra loro per sempre, e più cresce la sintonia e l’amore tra loro due e tra loro e il padre, più il Paradiso di Dio diventa visibile già sulla terra.

Gesù è provocatorio con i suoi ascoltatori e anche con noi che leggiamo questo vangelo durante le nostre assemblee domenicali. Quando dice che “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”, si riferisce a coloro che a loro modo, non sempre da noi comprensibile e con tempi diversi dai nostri, costruiscono il bene di Dio sulla terra e a loro modo fanno sembrare davvero la terra come il Paradiso. Sono uomini e donne che dentro la loro vita, spesso segnata da difficoltà che non conosciamo, cercano però il bene, aiutano il prossimo, costruiscono la pace. Purtroppo anche noi come i farisei e gli scribi rischiamo di pensare di essere migliori solo perché siamo in chiesa, perché abbiamo ricevuto il battesimo, perché pensiamo di vivere il più possibile le regole della nostra religione. Ma se tutto questo ci porta a giudicare altri cristiani come noi ma che non vengono in chiesa e che hanno magari uno stile di vita che non condividiamo, sbagliamo. Se come cristiani pensiamo di essere migliori e più vicini a Dio rispetto ad altri uomini e donne di altre religioni o non credenti, allora non abbiamo capito Gesù e il suo Vangelo.

Ligabue nella sua canzone quando parla del Paradiso canta: “…chissà che nome d’arte ha il Dj… se prende le richieste che gli fai”. Noi abbiamo il Vangelo che ci ricorda che nel cielo e sulla terra Dio si chiama Padre, e che mette la musica giusta per un mondo di armonia. Questo Dj paterno chiede a noi di sentirci fratelli e sorelle tutti qui sulla terra, superando giudizi e chiusure, e collaborando insieme per un mondo con una musica di pace, quella che piace a tutti, anche a Dio in cielo come in terra…

Giovanni don

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