la malattia del mondo

Dio si avvicina a noi per sanarci dai nostri mali e per sanare il mondo. Come ha fatto Gesù anche noi siamo chiamati a entrare nella casa del prossimo, nel suo ambito di vita, senza paura e senza indifferenza. Prendiamoci per mano per risollevare chi si sente inutile e scartato, e comunichiamo la forza dell’amore di Dio che fa risorgere.

(DOMENICA 4 febbraio 2024 – V anno B)

 

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».

E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

(dal Vangelo di Marco 1,29-39)

 

“Arbeit macht frei” (il lavoro ti rende libero) era la scritta in tedesco che i nazisti avevano posto sui cancelli dei campi di concentramento per i lavori forzati e lo sterminio, nei quali erano tenuti prigionieri gli ebrei, gli oppositori politici e tutte quelle le persone considerate nemiche della società ariana.

Chi passava attraverso quei cancelli, sia per recarsi più volte ai lavori forzati, sia quell’unica volta per non uscire più in vita, leggeva quel messaggio come la più terribile delle beffe che mirava a distruggere anche la più piccola speranza nel cuore.

I campi di concentramento della seconda guerra mondiale oggi sono monumenti che si possono visitare liberamente, e ci ricordano in modo molto concreto fin dove può arrivare il cuore malato dell’umanità, quando l’uomo si ammala di disumanità.

I campi di concentramento con i loro orrori sono anche diventati un’accusa a Dio, che davanti alle tragedie umane personali e collettive sembra davvero indifferente e lontano.

Sappiamo bene che quel passato è ancora molto attuale, e anche se in modi diversi ancora oggi in varie parti del mondo si vedono i segni della malattia dell’uomo e anche quella di Dio.

Il brano del Vangelo di oggi ci presenta Gesù che è immerso nei mali del suo tempo. Non guarisce solo il corpo ma vuole sanare le malattie profonde dell’uomo che sono la solitudine, la mancanza di speranza e il senso di inutilità che porta a essere scartati e sentirsi scartati.

Gesù entra nella casa di Pietro e si avvicina ad una donna considerata inutile per la malattia che la costringe a letto. La tocca e la fa risorgere! I gesti riportati dall’evangelista non sono scritti a caso. Questa donna si alza come Gesù si è alzerà dal sepolcro dopo essere stato scartato sulla croce, e il fatto di prenderla per mano (cosa a quel tempo considerata impura!) indica la sua totale disponibilità ad essere accanto a chi soffre e a condividerne il dolore.

Quel gesto così semplice abbatte i cancelli della solitudine e dona libertà interiore che salva. Risorta, ora può anche lei mettersi al servizio. Non è più un inutile scarto da tenere in un angolo, ma una donna che è importante nella vita di Gesù e dei suoi discepoli. Questa donna guarita serve come Gesù serve, divenendo simile a lui. È nel servire che siamo davvero come il nostro Maestro e Signore.

E chiunque può servire per il bene del mondo. La malattia che davvero blocca la società e molto spesso anche la chiesa è l’efficientismo, che mette al primo posto chi è più sano, bello e potente e in un angolo chi non ha tutti i requisiti per produrre al massimo. I campi di concentramento nazisti li abbiamo ancora dentro la nostra mente, dentro le nostre relazioni sociali e anche tra i popoli. Ancora oggi siamo malati di giudizi e pregiudizi che alzano muri e chiudono cancelli. Chiudiamo gli altri che non la pensano come noi, che non sono come noi vogliamo, che non hanno le prestazioni che ci aspettiamo. E così la malattia del cuore e i demoni del peccato crescono.

La buona notizia è che Dio si avvicina a questi mali per sanarli dentro di noi, e attraverso di noi guariti, per sanare il mondo. Come ha fatto Gesù con la suocera di Pietro, anche noi siamo chiamati a entrare nella casa del prossimo, nel suo ambito di vita, senza paura e senza indifferenza. Prendiamoci per mano per risollevare chi si sente inutile e scartato, e comunichiamo la forza dell’amore di Dio che fa risorgere.

Sul cancello del mondo che Dio vuole per noi oggi, il suo regno, c’è scritto “l’amore ti rende libero”, e per questo amore che sana, siamo chiamati a lavorare tutti.

Giovanni don

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