Gesù si fa mangiare

Quando la domenica ci raduniamo nel nome di Gesù noi ci nutriamo davvero della sua presenza. Abbiamo bisogno di “mangiare” Gesù non sa soli, ma insieme. Abbiamo bisogno di nutrirci reciprocamente dell’amore di Dio, che non ci arriva magicamente dal cielo, ma attraverso l’umanità dei miei fratelli e sorelle. (DOMENICA 2 giugno 2024 – Corpus Domini)

 

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

(dal Vangelo di Marco 12-16.22-26)

 

“Ogni volta che succede qualcosa a Gesù si mangia. Gesù nasce, si mangia. Gesù muore, resuscita e si mangia. Ma pure quando succede qualcosa ai parenti di Gesù si mangia. Ho capito che l’ateismo è la dieta del futuro.” È una battuta fulminante del comico Angelo Duro. Mi è saltata alla mente pensando a quello che realmente faceva Gesù, che troviamo spesso invitato a banchetti o autoinvitato, dove comunica la vicinanza di Dio. Uno dei suoi più famosi miracoli è proprio la moltiplicazione di pani e pesci per una folla immensa. Ma è nella cena pasquale, ultima con i suoi amici e discepoli prima di salire sulla croce, che rivela pienamente sé stesso. Ed è vero che fin da subito i primi cristiani per fare memoria di Gesù hanno ripreso quella cena nei gesti e nelle parole, ed veniva fatta durante delle cene insieme come comunità quando si radunavano ogni domenica.

Questa domenica, la seconda dopo la Pentecoste, dopo aver fissato la mente e la preghiera su come Dio si rivela nel Vangelo, cioè come Trinità, ora fissiamo mente e preghiera sul modo con cui ricordiamo Gesù. Nella celebrazione dell’Eucarestia domenicale noi cristiani ripetiamo i gesti di Gesù dell’Ultima Cena, ma non per fermarci a dei segni esteriori, ma per ricordare in modo vivo tutta la persona di Gesù. Se c’è un modo per vivere in modo sbagliato la Messa domenicale è proprio fermarsi alla preoccupazione dei riti. Gesù quando prende il pane e lo spezza e quando fa bere il calice di vino a tutti, non sta insegnando un rito, ma sta dicendo tutta la sua vita, rivela il senso profondo di tutto quel che è e che ha fatto.

“Fate questo in memoria di me” si riferisce a lui come modello di vita per il singolo e per la comunità intera.

Gesù spezza il pane per mostrare con un gesto che tutto sé stesso è dono, che lui ha esercitato non il potere del comando, ma il potere dell’amore e che è venuto tra gli uomini, perché Dio fosse “mangiato” dagli uomini, che senza amore muoiono. E Dio è amore, Gesù è amore, e abbiamo bisogno di nutrirci delle sue parole, dei suoi gesti, di tutta la sua persona. E se desideriamo davvero fare grande la nostra vita come quella di Dio, anche noi dobbiamo fare la stessa cosa. “Fate questo…” significa donare la vita a piccoli bocconi a chi ci sta attorno, invece di mangiare noi il prossimo con avidi morsi di avidità e cattiveria.

I cristiani nel corso dei secoli, con le profonde divisioni che hanno maturato, contraddicendo il Vangelo, ora non hanno tutti lo stesso modo di celebrare i gesti dell’ultima cena e la stessa dottrina sull’Eucarestia. Noi cristiani cattolici abbiamo conservato la fede nella “presenza reale” di Gesù nel pane e vino consacrati, mentre ampie fette di cristiani di altre confessioni non ci credono. Ma questo secondo me è davvero secondario.

Quello che però davvero mi fa pensare e preoccupare è che moltissimi cristiani cattolici delle nostre parrocchie non partecipano più alla Messa domenicale. Molti cristiani non sentono più il desiderio e non avvertono più l’importanza della comunità riunita nella preghiera. Come cristiani sentiamo sempre meno il bisogno di sperimentare Gesù presente realmente nella sua Chiesa.

Eppure proprio nel radunarsi insieme nel nome di Gesù, ascoltando la sua Parola e ripetendo i suoi gesti, noi ci nutriamo davvero della sua presenza.

Abbiamo bisogno di “mangiare” Gesù non sa soli, ma insieme. Abbiamo bisogno di nutrirci reciprocamente dell’amore di Dio, che non ci arriva magicamente dal cielo, ma attraverso l’umanità dei miei fratelli e sorelle.

Ogni volta che Gesù fa qualcosa è vero che siamo chiamati a mangiare, ma non dovrebbe essere solo il cibo di un banchetto di festa, ma il cibo dell’amore del prossimo, che non ingrassa la pancia e nemmeno l’ego.

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