avere o essere?

Il Vangelo ci interroga: è più importante “avere” o “essere”? Gesù ci provoca, mostrando che l’essere fratelli vale più di “avere” beni. Non serve accumulare ricchezze o consensi, ma “avere amato”. Solo così si costruisce un mondo di pace e fraternità vera.
(DOMENICA 3 agosto 2025 – XVIII anno C)

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
(dal Vangelo di Luca 12,13-21)

 

“Avere o essere?” È questa, secondo me, la domanda che emerge dal Vangelo di questa domenica. Può sembrare una questione banale, alla quale rispondiamo frettolosamente con “è più importante essere che avere”. Ma mi domando: quale sarebbe davvero la risposta di Gesù? Per il Vangelo, è meglio l’avere o l’essere?

L’insegnamento di Gesù in questo racconto parte da un fatto che, sebbene avvenuto duemila anni fa, è a mio avviso estremamente attuale. Gesù viene interpellato da un uomo che sta subendo un’ingiustizia: suo fratello non vuole dividere l’eredità con lui. Il Maestro, che certamente ama la giustizia, non può che comprendere la richiesta di quell’uomo. Ma, come sempre, Gesù invita a guardare oltre l’immediato e ci costringe a osservare la cornice, che anche in questo caso è più importante: due fratelli sono divisi da una questione di denaro, e la loro relazione è morta. Cosa conta di più: “avere la propria parte di beni” o “essere fratelli”?

Anche la parabola che Gesù racconta per rafforzare il suo insegnamento è provocatoria. L’uomo di cui parla ha lavorato con impegno e onestà tutta la vita: perché viene proposto come esempio negativo? Non ha fatto nulla di male, si è costruito tutto da solo. Che c’è di sbagliato nel voler godere dei propri beni accumulati con fatica? Eppure Dio lo chiama “stolto” e lo coglie la morte all’improvviso. Perché? Perché quest’uomo, nel suo dialogo interiore, appare solo. Ha accumulato molti beni, ma non nomina mai la famiglia, gli amici, i poveri, né Dio. Ha molto, ma è poverissimo di relazioni.

Gesù provoca l’ascoltatore, i discepoli e anche noi oggi. Continuiamo a dire che “essere” è più importante di “avere”, ma in realtà basiamo la nostra sicurezza su ciò che possediamo: denaro, beni, potere, possibilità di decidere.

In questi giorni ho partecipato a Roma al Giubileo dei Missionari Digitali, cioè coloro che nella Chiesa si occupano di comunicazione della fede attraverso i social media (Facebook, Instagram, TikTok…). Papa Leone, che ci ha incontrati personalmente, ci ha esortati a proseguire questa missione, nuova nei mezzi e ricca di prospettive, con uno stile davvero cristiano, che sia esso stesso testimonianza. “Non abbiate l’ansia di accumulare tanti followers, ma preoccupatevi di trasformare i followers in fratelli e sorelle.” Questa, in sintesi, la sua raccomandazione, che è valida da sempre per ogni missione cristiana. I cristiani non sono chiamati ad “avere” consenso a tutti i costi, per ottenere potere e accumulare privilegi. Sono chiamati a costruire un mondo in cui “essere” fratelli e sorelle ed “essere” in pace con tutti.

Gesù, sulla croce, “aveva” pochissimi discepoli, proprio nel momento in cui non “aveva” più nulla: nemmeno la propria vita. Per molti, allora come oggi, quel modo di vivere può sembrare stolto, folle. Perdere tutto, soldi, prestigio, persino la vita,  per “essere” fratello di tutti, per stare nel cuore del mondo.

Viviamo in un mondo in cui, per “avere”, si fanno guerre e si distruggono legami di fraternità, sia a livello familiare e sociale, sia tra i popoli. La proposta cristiana è quella di un mondo in cui, per “essere” in pace e fratelli, si è disposti anche a cedere qualcosa e ad “avere” di meno, con la logica del dono e della condivisione.

“Avere o essere?” Cosa risponderebbe Gesù a questa domanda? Io me lo immagino che unisce provocatoriamente i due verbi. Per “essere” davvero felici e vivere in un mondo di pace e fraternità, bisogna “avere”. Ma non “avere” beni e potere… bensì “avere amato”, come ha fatto Lui.

Giovanni don

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