Dio su una cassa di patate

Siamo noi il più grande rischio di Dio, perchè a noi Lui ha affidato quello che ha creato, e anche il cuore con il quale ha fatto il mondo. Siamo noi a custodire Dio e il suo Regno, dentro la povertà della nostra vita. Dio ha voluto fidarsi dell’uomo, di me, di noi… perchè il suo amore vede più in la della miopia dell’odio.

DOMENICA 7 agosto 2022 XIX anno C

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!

Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».

Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.

Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

(dal Vangelo di Luca 12,32-48)

 

 

L’altro giorno mi aggiravo nel chiostro del Santuario della Madonna del Carmine qui sul Lago di Garda, e mi hanno colpito i pannelli di una installazione che ricorda la storia di padre Tito Brandsma. Il carmelitano è stato proclamato Santo da papa Francesco a maggio di quest’anno, e proprio a fine luglio si sono celebrati gli 80 anni dalla sua morte per iniezione letale nel campo di concentramento di Dachau.

Padre Brandsma, nato in Olanda nel 1881, era un grande predicatore, teologo e giornalista, durante l’occupazione nazista dell’Olanda all’inizio degli anni 40 si oppone apertamente all’ideologia nazionalsocialista, anche a rischio della persecuzione personale. Viene infatti arrestato all’inizio del ’42 e dopo vari trasferimenti in vari campi di prigionia e lavori forzati, finisce a Dachau in Germania dove muore.

Tra i vari racconti e immagini che mi hanno colpito nella sua storia esposta nel santuario, c’è quella della predica nella baracca del campo di prigionia di Amersfoort il Venerdì Santo del 1942. Di quella sua predica rimane il disegno di un prigioniero e la testimonianza di un altro. Chi racconta quell’evento ammette di non ricordare tutto quello che padre Tito disse, ma di aver ben presente il clima e il calore al cuore che padre Tito trasmise con le sue parole da un pulpito improvvisato di una cassa di patate, rasato a zero e con indosso una puzzolente casacca da prigioniero. Tutti in quella baracca erano ugualmente tristi e miseri in quelle condizioni che bene esprimevano la totale miseria che li accomunava, senza libertà, senza beni, con poco cibo e senza nemmeno la salute e un futuro certo. Eppure i testimoni ricordano bene come quella predica sulla Passione di Cristo arricchì a tal punto il loro cuore che per molti divenne il nutrimento più potente di tutti, anche per chi non si dichiarava credente.

Oggi, 80 anni dopo, siamo in un periodo storico molto diverso, ma per molti aspetti molto simile a quello nella violenza e nel pericolo. Oggi le nazioni più grandi e ricche, così come tanti potenti della terra, mostrano l’uno contro l’altro i muscoli delle armi e dei mezzi tecnologici e economici, e questo sembra diventare anche lo stile che abbiamo tra di noi, nei rapporti umani. Le parole di Gesù ai suoi piccoli e poveri discepoli diventano quindi estremamente provocatorie e attuali: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno…”.

A noi uomini, a noi cristiani, a me con le mie piccolezze e povertà è affidato il messaggio di Dio, il suo piano per un mondo di fraternità e di cuori uniti. Non devo farmi spaventare dalla cattiveria che mi circonda ma nemmeno dalle mie piccole cattiverie e limiti. A me, a noi, è affidato il Regno di Dio qui sulla terra, e possiamo farlo crescere nella misura in cui al posto della violenza cerchiamo la pace, al posto dell’accumulare beni e mezzi di forza apriamo le mani e doniamo, se al posto di fare i muscoli apriamo il cuore al fratello. Forse non tutti ricorderanno quello che faremo nella direzione del bene ma Dio lo ricorda sempre, e continua ad affidare alla nostra povertà la ricchezza del suo amore.

Se padre Tito Brandsma da una cassa di patate in un oscuro campo di concentramento, circondato da violenza e morte, ha saputo trasmettere al cuore degli altri il Regno di Dio, lo posso fare anche io, lo possiamo fare anche noi… anche in mezzo alle violenze del nostro mondo.

Giovanni don

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