risorto non fantasma

Gesù risorto non è un fantasma che rimane distante, intoccabile e irraggiungibile, ma è corpo concreto, è vita pulsante che ci tocca e si lascia toccare. Gesù è vivente nel povero, nel fratello e sorella e anche nel nemico. E’ vivente in me, nel mio corpo che ama

(Domenica 14 aprile 2024 – III di Pasqua)

 

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

(dal Vangelo di Luca 24,35-48)

 

Nel recente viaggio con un gruppo di parrocchiani in Grecia abbiamo visitato non solo le bellezze del paesaggio e della civiltà greca antica, ma anche quel che rimane delle città visitate da San Paolo, alle cui piccole comunità cristiane di allora ha indirizzato le sue lettere. È stato significativo rileggere  sul posto alcuni passaggi importanti delle lettere inviate alla chiesa di Corinto, a quella di Tessalonica (attuale Salonicco) e di Filippi. Abbiamo anche riletto il famoso discorso di Paolo ai pagani nell’Areopago di Atene proprio nel luogo dove si è tenuto.

La gloriosa religione pagana fatta di tante divinità e miti al tempo di San Paolo faceva da sfondo alla nascita delle prime comunità cristiane, mentre oggi è come un fantasma del passato che affascina ma non tocca nessuno, chiusa nei musei, con le statue degli dei e degli eroi ridotte spesso solo a frammenti.

E com’è il cristianesimo oggi dopo duemila anni? La sensazione è quella che anche la nostra Chiesa sia avviata a diventare un mito del passato, con gloriosi monumenti e tradizioni, ma tutto sommato un fantasma che appare in qualche occasione ma non tocca la vita e non si lascia toccare dalla vita concreta della gente.

Eppure è proprio questo quello che Gesù risorto vuole evitare: essere visto come un fantasma etereo e impalpabile, legato ad una nostalgia del passato. Gesù che si mostra vivo, dopo che è passato attraverso l’esperienza della morte, non è più il Gesù di prima, ma non è meno vivente, concreto e attuale. Gesù si lascia toccare e mangia un pesce arrostito davanti ai suoi amici, per lanciare in modo concreto il messaggio che la relazione con lui passerà ancora dal contatto con il suo corpo, così come sono le relazioni umane vere. La fede non è solamente questione di adesione mentale a delle dottrine formulate nel passato, e il credere non riguarda solo il pensiero. Il rischio di ridurre la relazione con Dio solamente ad un guardare verso l’alto e fuori dal mondo è forte anche nel cristianesimo fin dall’inizio come anche oggi. La fede è invece toccare e farsi toccare da Gesù vivente. La fede è credere che proprio dentro l’esperienza umana in ogni luogo e tempo è possibile sperimentare “Gesù presente”, e non “Gesù passato remoto”. Solo credendo e sperimentando Gesù presente la nostra fede ha un futuro, la Chiesa ha un futuro e non finisce nel museo dei ricordi.

Una delle cose che mi hanno colpito nel viaggio in Grecia con il gruppo di parrocchiani è stato l’incontro davvero inaspettato con i poveri. Accanto al nostro albergo di Atene, in una zona centrale, c’erano tantissimi senzatetto. Segnati dal consumo di alcol e droga e da una vita piena di problemi, dormivano a piccoli gruppi negli spazi tra un palazzo e l’altro, sotto gli androni e in qualche angolo dei marciapiedi. Nello stesso giorno in cui ho visitato i musei che contenevano i frammenti delle divinità del passato ho visto anche frammenti di umanità di oggi. E ho pensato che non in quelle antiche statue, preziose e bellissime, ma in questi uomini e donne era presente l’umanità viva di Gesù. E ho pensato che se davvero non voglio credere che Gesù sia un fantasma, allora è proprio lì, in quei poveri, così come in ogni essere umano che mi sta accanto, nel fratello e sorella della mia comunità, che trovo Gesù vivente e che si fa toccare, e che condivide con me il pasto e la vita.

Come Chiesa oggi, anche se portiamo il peso di una lunghissima e travagliata storia, anche se siamo segnati anche noi da tanti sbagli e divisioni di cui portiamo i segni, non siamo il fantasma di Gesù. Rischiamo di esserlo se riduciamo la fede a teoria bella ma impalpabile. Ma proprio quella prima esperienza dei discepoli raccontata dall’evangelista Luca ci ricorda quello che siamo chiamati ad essere: il corpo vivo di Cristo Risorto.

Non siamo fantasmi e non siamo come le statue greche ridotte a frammenti morti. Siamo testimoni vivi di Cristo vivo, ogni volta che traduciamo in gesti concreti quelli di Gesù, e iniziamo a cambiare il mondo come ha fatto Lui.

Giovanni don

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