Guardando Gesù come buon pastore mi viene quindi rivelata la mia vocazione di cristiano e anche di essere umano: stare accanto e prendermi cura del prossimo in modo così vero e profondo da prenderne l’odore. Che è anche quello di Cristo.
(Domenica 21 aprile 2024 – IV di Pasqua)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
(Dal Vangelo di Giovanni 10,11-18)
Un pastore di pecore… E’ con questa immagine che Gesù riassume sé stesso e la sua missione. Ed è così che anche i primi cristiani nelle loro pitture hanno iniziato a rappresentare Gesù. Nelle prime semplici immagini che troviamo nelle catacombe, non veniva descritto l’aspetto fisico di Gesù, perché non si doveva cadere nell’idolatria pagana che rappresentava gli dei con statue e dipinti, ma si voleva simboleggiare l’identità profonda del Signore e Maestro. Ed è così che, appoggiandosi proprio alle stesse parole di Gesù, veniva dipinto un pastore con una pecora sulle spalle.
Il bello di questa immagine è che rimane ancora molto comprensibile oggi, anche se siamo distanti dall’epoca di Gesù. Abbiamo presente anche oggi come è un pastore e come vive.
Il pastore è immerso nel gregge di pecore, e la sua preoccupazione è che il gregge sia unito e difeso. Sta talvolta davanti, a volte dietro, ma molto più tempo in mezzo alle sue pecore. Le pecore sono sue, e incredibilmente riesce con un colpo d’occhio a contarle e a capire se ne mancano alcune. Non è certo un lavoro che si può fare “a distanza” o in “smart working”, perché è proprio il legame profondo con le pecore che lo contraddistingue. Trascorre così tanto tempo con le pecore che pian piano ne prende persino l’odore.
Ecco chi è Gesù: è Dio che per amore scende in mezzo a noi, si mescola con la vita umana, con il gregge degli uomini, e fa di tutto perché rimanga unito. Gesù lo ha fatto con il gregge dei discepoli e ha invitato i discepoli a rimanere uniti e a creare un mondo unito. Gesù ha preso l’odore di vita dei suoi discepoli stando con loro, con i loro limiti, paure, fragilità. Gesù è stato un pastore buono, perché ha vissuto fino in fondo questa vocazione ricevuta dal Padre: condurre, guidare, proteggere, riunire il gregge umano, disposto a dare la vita per gli uomini che sente suoi.
Gesù è il buon pastore, affinchè anche tutti noi lo possiamo essere. Ogni cristiano è chiamato ad essere pastore dentro la comunità cristiana. Non solo il prete o la suora, ma ogni battezzato ha la vocazione di dare la vita perché la comunità sia unita e che il mondo sia unito.
Papa Francesco all’inizio del suo pontificato, nel 2013, rivolgendosi ai preti disse: “Questo vi chiedo: di essere pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge”.
Se questo vale per i preti che hanno una vocazione speciale a guidare una comunità, vale anche per ogni battezzato che è chiamato ad avere addosso l’odore del fratello e della sorella. Avere l’odore del fratello e sorella addosso significa che il tempo che passiamo l’uno accanto all’altro è lungo e non è fatto di pochi momenti.
Ai ragazzi del catechismo ho chiesto chi sentono come “pastori” nella loro vita, cioè coloro che li guidano e li proteggono davvero. Hanno messo al primo posto la famiglia, ma poi hanno aggiunto anche gli amici, gli allenatori sportivi e insegnanti, e anche se stessi. Agli ultimi posti ci sono i personaggi famosi, che spesso cercano di imitare e influiscono nelle loro scelte, ma che non sentono davvero così vicini e protettivi.
Guardando Gesù come buon pastore mi viene quindi rivelata la mia vocazione di cristiano e anche di essere umano: stare accanto e prendermi cura del prossimo in modo così vero e profondo da prenderne l’odore. Che è anche quello di Cristo.
Giovanni don