fede senza certificati

La vita cristiana è come coltivare una vite e ci porta a tagliare quel che non ci fa star bene e quello che non porta frutti buoni di amore. La vita cristiana vera, non lasciata al certificato di Battesimo, è una vita che mostra Gesù nelle nostre parole, nei nostri gesti e scelte di ogni giorno.

(DOMENICA 28 aprile 2024 – V di Pasqua)

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

(dal Vangelo di Giovanni 15,1-18)

 

Come possiamo certificare che siamo cristiani?

Una delle attività che mi competono come parroco è quella di rilasciare i certificati di Battesimo e Cresima in vista delle varie tappe sacramentali. Se un bambino o ragazzo vuole ricevere la Prima Comunione o celebrare la Confermazione, deve esibire al parroco la prova scritta che è stato Battezzato. La stessa cosa vale quando si desidera celebrare il Matrimonio cristiano o ricevere l’ordine presbiterale. Capita spesso che venga richiesto il certificato di Battesimo anche per l’iscrizione all’Università Cattolica o per accedere a qualche convito per studenti gestito da religiosi.

Ogni volta che compilo i dati del foglio e metto timbro e firma, penso alla persona, al ragazzo o ragazza di cui scrivo il nome e cognome, e mi domando come sta vivendo veramente la sua fede cristiana. Mi domando anche come la sua famiglia e la sua comunità cristiana sono state di aiuto nel cammino di crescita spirituale di amore per il Vangelo.

Gesù per parlare della vita di fede usa un’immagine davvero concreta e ancora estremamente efficace presa dal mondo agricolo: la vite.

Tutti noi generalmente della vite vediamo e godiamo solo il frutto, che è il grappolo d’uva che a sua volta può diventare buon vino. Nel dolce grappolo d’uva e nel vino possiamo però intravedere quel legame che ci porta diritti alla pianta della vite da cui si sono estesi i tralci e da cui sono nati i frutti. Dal buon frutto possiamo dire con certezza che la pianta è buona, e buona e stata anche la coltivazione.

Che cosa ci insegna questa metafora della vite, dei tralci e del frutto? Dio è come l’agricoltore che vuole i frutti buoni del suo amore dentro tutta la Storia umana. Ed ecco allora che ha “piantato” nel terreno della Storia, in un luogo e tempo precisi, Gesù, il quale con i suoi amici, i discepoli, arriva a portare il frutto buono dell’amore lungo tutta la Storia fino a noi oggi, a me.

E’ davvero bella questa immagine di interconnessione fruttuosa tra Dio e me, tra il cielo infinito e la terra piccola della mia vita. Ed è dal frutto dell’amore che posso determinare se c’è questo legame profondo e vero con Gesù, da cui parte tutto. Questa immagine agricola è bella, ma allo stesso tempo anche provocatoria.

Da cosa si vede che sono legato a Cristo? Il certificato di Battesimo e Cresima mi dice solo un evento esterno e una appartenenza alla Chiesa che è iniziata in un dato momento, ma non mi dice se questo legame è continuato, se è stato coltivato e promosso, oppure se c’è stata una cesura che ha reso cristianamente la mia vita un “ramo secco”.

L’immagine della vite, dei tralci e del frutto, è provocatoria perché demolisce anche la pericolosa idea secondo la quale solo i cristiani battezzati hanno l’esclusiva del legame con Gesù. Il Vangelo è chiaro: dove ci sono frutti di amore, dove vedo generosità, dove c’è accoglienza, perdono, sacrificio per amore… lì c’è la linfa vitale che parte sempre da Gesù. I frutti dell’amore di Dio li possono portare tutti gli uomini, che abbiamo o meno un certificato di appartenenza alla Chiesa.

Ma allora che senso ha battezzarsi e riempire con i propri dati il registro parrocchiale dei battesimi? Non certo per avere un “lasciapassare” per belle cerimonie successive, ma per iniziare una missione di cui il mondo ha bisogno.

Noi cristiani abbiamo la bella e difficile missione di annunciare la verità della vite, l’origine dell’amore, la vita di Gesù. Abbiamo il compito di stimolare l’umanità a produrre quei frutti dell’amore che tutti gli esseri umani possono portare, nonostante egoismi, guerre e le ingiustizie rendano spesso la società piena di rami secchi senza frutti buoni.

La vita cristiana, fatta di tappe sacramentali, di vita fraterna nella comunità, di carità e preghiera, di catechesi e approfondimento del Vangelo, ci porta a sentire vivo in noi Gesù da cui tutti dipendiamo e siamo legati. La vita cristiana ci porta a tagliare quel che non ci fa star bene e quello che non porta frutti buoni di amore. La vita cristiana vera, non lasciata al certificato di Battesimo, è una vita che mostra Gesù nelle nostre parole, nei nostri gesti e scelte di ogni giorno.

E così anche senza esibire un pezzo di carta chiunque ci incontra potrà capire a Colui a cui siamo legati davvero.

Giovanni don

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