una chiesa senza tetto

L’ascensione di Gesù al cielo ci dice cos’è la Chiesa: una comunità aperta, senza barriere, dove anche nei momenti più bui si può percepire un cielo vicino. Un luogo semplice che parla di Dio con la voce della bellezza e della speranza.
(DOMENICA 1 giugno 2025 – ASCENSIONE del Signore)

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
(dal Vangelo di Luca 24,46-53)

 

Nell’antica Abbazia di Maguzzano, a Lonato, non lontano dalla mia parrocchia sul Garda, esiste un luogo davvero speciale che arricchisce la bellezza e la spiritualità del complesso.

Nel parco, tra gli ulivi, la comunità religiosa ha creato uno spazio di preghiera che, a prima vista, sembra un antico rudere: vi sono i muri perimetrali, un altare di pietra, finestre senza vetri e alcune colonne. Tuttavia, mancano il tetto e un portone d’ingresso. Questo luogo si chiama “la Madonna degli Olivi” ed è stato volutamente realizzato così: aperto, senza copertura, immerso negli ulivi tipici del Garda, a disposizione di chiunque voglia pregare in raccoglimento, da solo o in piccoli gruppi.

Madonna degli Olivi nel parco dell’Abbazia di Maguzzano (Lonato del Garda)

Sembra quasi strano chiamarla “chiesa”, perché non è chiusa, non offre riparo in caso di maltempo, né in inverno. Eppure, proprio questa sua caratteristica la rende un’immagine potente di ciò che dovrebbe essere la Chiesa in senso più ampio: la comunità dei credenti.

Nelle antiche chiese medievali e barocche, spesso la volta sopra la navata – lo spazio della liturgia – era decorata come un cielo aperto: dipinta con stelle, nuvole e figure celesti attorno a Dio, a Gesù, alla Madonna e ai santi. Erano “cieli finti” che, tuttavia, volevano esprimere una verità profonda: la presenza di Dio in mezzo alla comunità cristiana. Quando i credenti si radunano per pregare, vivono un’esperienza in cui la dimensione divina tocca quella umana, e viceversa. È come se, per un attimo, si annullasse quella distanza che spesso sentiamo tra Dio e l’uomo nella fatica della vita quotidiana.

Il Vangelo racconta proprio questo: Dio che entra nella Storia attraverso l’uomo Gesù e che vince il più grande nemico, la morte. Il racconto dell’Ascensione – presente nei Vangeli di Marco e Luca – non vuole descrivere un volo di un razzo nello spazio, ma dirci che Gesù, l’uomo crocifisso e risorto, è Dio, e con Lui la dimensione divina non è più inaccessibile.

Ci sono tanti momenti nella vita, personale e comunitaria, in cui Dio sembra lontano e il suo amore irraggiungibile: la malattia che isola e indebolisce, l’abbandono che pietrifica il cuore, le guerre e gli orrori che sembrano sigillare la speranza. Ma il Vangelo ci annuncia che non è detta l’ultima parola: Dio non è lontano, il cielo non è chiuso.

L’Ascensione di Gesù non parla di distanza, ma di vicinanza eterna. Ci rivela che Cristo ora vive per tutti e in ogni luogo, non solo nella Gerusalemme di duemila anni fa.

Gli apostoli, felici al termine di quella lunga giornata di Pasqua – dal disorientamento della tomba vuota al mattino, alla gioia profonda della sera – ci indicano cosa può essere per noi la fede: un cammino di trasformazione, da cuore pesante a cuore leggero, da tristezza a gioia, da chiusura a speranza. Fede è alzare gli occhi e scoprire che Dio è vicino, sempre.

Quella strana chiesa senza tetto e senza porte, tra gli ulivi, è un’immagine viva di come dovrebbe essere la comunità cristiana: uno spazio aperto, senza barriere né dogane (come spesso ricordava Papa Francesco), un luogo dove sentirsi accolti e risollevati lungo il cammino della vita. Una Chiesa che, pur con i piedi per terra, fa percepire la presenza del cielo, la vicinanza di Dio, che non è né lontano né irraggiungibile.

E la gioia dei primi discepoli è la nostra vocazione e missione. In un mondo che sembra aver smarrito la gioia, i cristiani – con piccoli gesti, nel modo di stare insieme, nel pregare – possono ancora donarla a chi la cerca.

In cielo come in terra.

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