La parabola dell’amministratore disonesto suggerisce che l’amicizia e le relazioni umane sono le uniche vere ricchezze. L’offerta per la messa è un gesto di condivisione, non un “prezzo” per la salvezza. L’obiettivo della vita cristiana non è accumulare denaro, ma coltivare l’amore e la carità.
(DOMENICA 20 settembre 2025 – XXV anno C)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
(Dal Vangelo di Luca 16,1-13)
”Padre, quanto devo dare per la messa?”. “L’offerta è libera: da zero a un milione di euro!”.
Più o meno, è così che rispondo quando mi chiedono quanto versare per il ricordo di una persona defunta durante una celebrazione eucaristica, sia domenicale che feriale. Ricordare i defunti durante la messa è una tradizione antichissima: il loro nome entra esplicitamente nella preghiera della comunità. A questa richiesta è da sempre associata un’offerta che, se in passato era forse quantificata in beni materiali, oggi è in denaro. In passato, si sa, altari, magnifiche opere d’arte e interi edifici sacri di altissimo valore storico e artistico sono stati costruiti come compenso per il ricordo di persone defunte appartenenti a famiglie ricche e nobili. Se hai soldi, puoi fare tutto, persino incontrare Dio più da vicino e saltare la fila per il Paradiso.
Nel Vangelo di questa domenica sembra quasi che ci sia un elogio alla furbizia, come se anche per Gesù i soldi potessero salvare la vita, sia quella attuale che quella eterna. La parabola dell’amministratore disonesto ma scaltro, che usa il poco tempo rimastogli per non ritrovarsi senza nulla, alterando le ricevute di pagamento dei debitori del suo padrone, è davvero provocatoria. Per comprenderla bene, è fondamentale conoscere come funzionavano i rapporti di lavoro in quell’epoca. Riassumendo, lo sconto che l’amministratore fa ai debitori del suo padrone (da 100 barili d’olio a 50, e da 100 misure di grano a 80) in fondo corrispondeva a quello che ogni amministratore tratteneva per sé e la sua famiglia. Per questo il padrone lo loda: l’amministratore ha trovato un altro modo per garantirsi il sostentamento, che non sarà più il guadagno dell’amministrazione, ma l’accoglienza amichevole delle persone. Da qui nasce la massima di Gesù che riassume il suo insegnamento: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta…”.
L’espressione “disonesta”, unita a ricchezza, è tipica del pensiero dell’evangelista Luca, che anche in altre parti del Vangelo ci racconta come Gesù mettesse sempre in guardia da una vita basata sui beni economici e da quanto fosse facile “drogare l’anima” con la bramosia del denaro. Non si tratta di una condanna totale della ricchezza o del possesso di beni, specialmente se ottenuti onestamente con il proprio lavoro, ma è la condanna di una vita orientata e valutata solo in base a ciò che si possiede in tasca o sul conto in banca. Gesù insegna continuamente che l’obiettivo, sia in questa vita che in una prospettiva eterna, deve essere quello delle relazioni umane, perché sono esse a darci sicurezza e futuro. Sono gli amici, non i soldi, a salvarci. È l’amicizia che unisce il mondo, non gli accordi economici o le guerre economiche che spesso si trasformano in conflitti reali.
Beni, soldi e potere sono solo mezzi che possono essere utili per rinsaldare le relazioni umane, superare divisioni e conflitti. Se beni, soldi e potere diventano il fine, i rapporti umani sono a rischio, e perdiamo tutti; la vita diventa già qui, ora, un inferno eterno.
E allora i soldi per la messa? Affrontare questi discorsi durante una messa, dove è prassi passare con un cestino per raccogliere offerte e dove qualcuno ha dato una cifra per ricordare un proprio caro defunto, potrebbe sembrare il massimo dell’ipocrisia. Ma è proprio per questo che ho bisogno, che abbiamo bisogno, delle parole provocatorie di Gesù. La messa non costa nulla, perché il rapporto con Dio e il legame che ci unisce come fratelli e sorelle non hanno davvero prezzo.
Siamo qui come comunità per coltivare in ogni modo l’amicizia che rende ricca la nostra vita e cambia il mondo, facendoci sentire il Paradiso un po’ più vicino. La ricchezza e i beni che condividiamo, li condividiamo nella massima libertà. Abbiamo l’esempio provocatorio dell’amministratore della parabola, che era stato disonesto con i beni ma proprio nel momento della necessità si accorge che, per vivere, ha bisogno di amici e non di tasche piene di denaro.
Le offerte servono a creare le condizioni migliori per stare insieme, per mantenere le strutture concrete della comunità che necessitano di cure, per abbellire gli ambienti, per fare la carità e aiutare chi ha bisogno. Ma le offerte non sono il fine della nostra preghiera e non sono alla base delle nostre relazioni. Sono l’amore fraterno, l’amicizia e la carità le nostre vere ricchezze. Se lo diventassero il denaro e il potere, non solo saremmo disonesti, ma anche dei folli…
